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Dal Nuovo Quotidiano di Puglia di Mercoledì 17 Febbraio  (di A. Anc.)

Il Consiglio di Stato boccia il progetto per il mega-impianto della Oil Salento

«No al Sansificio: non è agricoltura»

VEGLIE - Il mega-sansificio che la Oil Salento voleva costruire a Veglie non si farà. E non per i motivi relativi ad errori formali nelle procedure autorizzative per i quali il Tar di Lecce l'anno scorso aveva bocciato lo stesso progetto, ma per più corposi motivi di merito, come rilevato invece dal Consiglio di Stato che ha ieri ribocciato il progetto con una lunghissima ed argomentata sentenza. I ricorsi contro le autorizzazioni del Comune di Veglie al progett dell'Oil Salento, che prevedeva la realizzazione, in pieno Parco del Negroamaro, di uno stabilimento industriale per la lavorazione di 13.000 quintali di sansa umida al giorno, pari a 474.500 quintali all'anno, per produrre olii vegetali e nocciolino di sansa, estrazione di olii vegetali con solventi, erano stati presentati dall'Associazione Salento Terra D'Arneo - Turismo Rurale con l'avvocato Angelo Vantaggiato e da molte aziende agricole "della zona, difese dallo stesso Vantaggiato e dall'avvocato Piero D'Amelio.

Il Tardi Lecce, all'inizio dello scorso anno, pubblicò la sentenza con la quale riteneva meritevoli di accoglimento i ricorsi per la violazione della normativa in tema di giusto procedimento. Secondo il Tar le notevolissime dimensioni dell'impianto e le sue eccezionali capacità produttive avrebbero richiesto il coinvolgimento e la partecipazione al procedimento dei soggetti pubblici e privati della zona, cosa che non c'è stata. E per questo ha bocciato gli atti impugnati.

La Oil Salento però ha fatto ricorso al Cds con l'avvocato Gianluigi Pellegrino. La società chiedeva l'annullamento della sentenza del Tar, anche in considerazione del fatto che l'impianto era da costruire in un'area tipizzata dal Prg come agricola e che era previsto dalla norma del Prg la possibilità di costruire in quelle aree sia complessi produttivi agricoli, sia opifici industriali purché strettamente connessi con la trasformazione dei prodotti agricoli.

Ma il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta della Oil e, invece di fermarsi alle censure procedurali, come aveva fatto il Tar, è andato oltre, ricordando che «si definiscono attività connesse all'agricoltura quelle esercitate dal medesimo imprenditore agricolo che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo». In realtà, secondo il Cds «la caratteristica principale dell'attività dell'impianto consiste in un lavorazione di prodotti di terzi mediante una tecnologia che non è, di per sé, espressione di tipica attività di trasformazione agricola». Cioè, in pratica, quella della Oil Salento non è attività connessa con l'agricoltura della zona. E quindi il Cds ricorso della società.

Soddisfatto l'avvocato Vantaggiato che ha affermato: «La decisione del Cds va a tutela di un territorio che ha ben altre vocazioni produttive».

A. Anc.

 

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Da La Gazzetta del Mezzogiorno di Mercoledì 17 Febbraio 2010 (di Katia Manca)

Il Consiglio di Stato mette la parola fine a una battaglia legale iniziata l'estate dello scorso anno

I giudici bocciano il sansificio: «E' un'industria in zona agricola»

Decade il permesso rilasciato dal Comune all'azienda Panarese

 

VEGLIE - Il Consiglio di Stato chiude il caso sansificio ribadendo la sentenza del Tribunale Amministrativo (Tar) di Lecce che aveva accolto le ragioni di chi si oppone all' impianto realizzato nell'area del Parco del Negroamaro.

Con sentenza numero 887 il Consiglio (presidente Costantino Salvatore,consiglieri Luigi Maruotti, Goffredo Zaccardi, Armando Pozzi, estensore, Anna Leoni consigliere estensore) ha sostenuto, decretandone la definitiva bocciatura che: «L'opificio della ditta Oil Salento, considerato fra i più grandi d'Europa, in grado di lavorare circa 13 mila quintali al giorno di sansa (ancorché su base stagionale, essendo legato al periodo di lavorazione dell'oliva) non è una attività strettamente connessa alla trasformazione di prodotti agricoli, bensì una vera e propria attività industriale di secondo livello, che utilizza residui derivanti dalla lavorazione dell'oliva provenienti da opifici operanti su una vasta area territoriale e in cui la precedente lavorazione ne ha spezzato la diretta derivazione dalla produzione agricola».

Cade, quindi, così com'era stato precedentemente stabilito dal Tar, il permesso rilasciato dal Comune all'azienda Panarese per costruire nell'area agricola della cittadina, uno stabilimento industriale per la produzione di nociolino di sansa.

I ricorsi contro lo stabilimento della Oil Salento presentati dai Comuni di Salice, Porto Cesareo, Sandonaci, Guagnano, San Pancrazio (difesi dagli avvocati Pietro Quinto e Adriano Tolomeo), da privati cittadini, (rappresentati dall'avvocato Gianluigi Manelli), dall'Associazione delle Masserie, (avvocato Angelo Vantaggiato) - ricorso rafforzato da un intervento ad adiuvandum dell'azienda agricola "Tenute Mater Domini" di Pier Andrea Semeraro - (avvocato Saverio Sticchi Damiani) e dall'Associazione dei consumatori organizzati (avvocati Luigi Quinto ed Enrico Pellegrini) lamentavano la violazione procedimentale ed una errata localizzazione dell'impianto.

La prima sezione del Tribunale Amministrativo di Lecce, presieduta dal magistrato Aldo Ravalli, aveva accolto i ricorsi annullando gli atti con cui il dirigente comunale, l'architetto Antonello Anglano, ne aveva autorizzato l'attivazione. Decisione che la Oil Salento, rappresentata dall'Avvocato Gianluigi Pellegrino, aveva cercato di ribaltare presentando ricorso al Consiglio di Stato e chiedendo la sospensione del provvedimento.

 

Katia Manca

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Da La Gazzetta del Mezzogiorno di Giovedì 18 Febbraio 2010 (di Katia Manca)

Cittadini e Associazioni tirano un sospiro di sollievo all'indomani della definitiva bocciatura del sansificio

«L'impegno e l'unità d'intenti hanno salvato il territorio»

Il sindaco Fai: «La sentenza ha chiarito una questione complessa»

 

VEGLIE - «L’impegno e l’unione di semplici cittadini può dar voce a qualsiasi azione volta alla tutela degli interessi collettivi che, purtroppo, spesso sono oppressi dalle intenzioni dei pochi addetti al “potere”». All’indomani della sentenza del Consiglio di Stato che boccia definitivamente l’entrata in funzione nel parco del Negroamaro del sansificio si tira un sospiro di sollievo.

Serena Saponaro, portavoce del Comitato «Ambiente sano», è chiara: «La sentenza - ribadisce Saponaro - ha sancito definitivamente quello che sin dall’inizio il Comitato aveva affermato e cioè che la trasformazione della sansa in nocciolino non può essere considerata attività connessa all’agricoltura, ma attività meramente industriale. Abbiamo creduto fino in fondo che il nostro territorio indirizzato all’agricoltura ed al turismo rurale non potesse essere deturpato da un impianto, come invece quello il Comune di Veglie aveva assentito».

Da parte sua il sindaco Fernando Fai dichiara: «Rispetto la sentenza del Consiglio di Stato che approfondisce e chiarisce nel merito una questione di per sé complessa».

«Questo risultato - aggiunge Saponaro - ha dimostrato che l’azione di tutela e difesa del territorio non voleva essere né un attacco personale né una mera strumentalizzazione. Inutile dire che gli esiti positivi raggiunti sono anche il frutto di un forte sostegno dato dai sindaci dei comuni di Salice Salentino, San Pancrazio Salentino, San Donaci, Guagnano e Porto Cesareo che sono stati parte attiva della vicenda Sansificio. A ciò deve aggiungersi ancora un ringraziamento ai professionisti legali che hanno difeso le ragioni di cittadini, Associazioni e Comuni, in particolar modo all’avvocato Angelo Vantaggiato, difensore dell’associazione delle strutture turistico–ricettive il quale ha messo al servizio della passione di questo movimento spontaneo la sua grande professionalità».

Mai come in questo caso, ambiente, agricoltura e cultura hanno fatto fronte comune contro l'avanzata dell’impianto industriale (considerato fra i più grandi d’Europa, in grado di lavorare circa 13 mila quintali al giorno di sansa) all’interno del vitigno storico del Parco del Negroamaro, patrimonio inestimabile che coinvolge ben 25 Comuni.

La battaglia contro l’opificio intrapresa dal Comitato “Ambiente Sano”, insieme ai Comuni e alle aziende vicine allo stabilimento della Oil Salento, non è stata puramente ecologista. Insieme al paesaggio erano in gioco beni artistici, interessi economici, produzione alimentare e industria del turismo.

Katia Manca

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Da La Gazzetta del Mezzogiorno di Domenica 21 Febbraio 2010

L'avvocato Pietro Quinto spiega gli effetti della sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato il progetto della Oil Salento. Il concetto della «Prevalenza»

«Opifici in zone rurali solo in un'ottica di filiera»

 

VEGLIE - Impianti agro-industriali in zone rurali? La sentenza del Consiglio di Stato che ha bloccato la localizzazione della Oil Salento per un impianto di produzione e commercializzazione di nocciolino di sansa in una zona agricola del comune di Veglie ha di fatto stabilito un principio di diritto riguardante l'interpretazione delle norme tecniche di attuazione per la localizzazione di impianti produttivi in zone agricole. Un provvedimento che diventerà punto di riferimento per analoghe iniziative in tutto il Salento.

A spiegare i risvolti della sentenza del Consiglio di Stato è l'avvocato Pietro Quinto, che ha curato gli interessi dei Comuni contigui a quello di Veglie (Salice Salentino, Guagnano, Porto Cesareo, San Pancrazio e San Donaci) che si opponevano alla localizzazione dell'opificio che prevedeva la lavorazione di circa 13mila quintali di sansa al giorno pari a 4.745mila quintali all'anno.

In effetti nelle norme dei piani regolatori dei comuni salentini per le zone tipizzate E2 agricole è previsto l'insediamento oltre alle attività agricole in senso stretto, anche di complessi produttivi o addirittura opifici industriali purché strettamente connessi con la trasformazione di prodotti agricoli e con la zootecnia. Ed è a questo punto che si pone il problema interpretativo circa la definizione della connessione tra impianto di trasformazione ed agricoltura.

Che cosa dice in merito il Consiglio di Stato?

«Il massimo giudice amministrativo ha fatto riferimento alla nuova formulazione dell'art. 2135 del Codice civile che contiene una definizione non solo della qualifica di imprenditore agricolo ma anche della sua attività diretta alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti dalla coltivazione del fondo».

Che cosa si ricava dalla sentenza del Consiglio di Stato nella vicenda di Veglie?

«Il Consiglio di Stato ha ricordato che proprio la parte dell'art. 2.135 del Codice civile che si riferisce alle "attività connesse" è quella che ha suscitato maggiori discussioni, ma ha chiarito subito che queste attività connesse non possono essere esercitate da soggetti diversi dall'imprenditore agricolo che svolge la sua attività di coltivazione del fondo o di allevamento di animali».

Ma l'imprenditore agricolo può fare attività di trasformazione anche utilizzando prodotti diversi da quelli che derivano dalla coltivazione del fondo?

«Proprio in questo è la novità della precisazione contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato riguardante il Comune di Veglie. "L'attività connessa - dice il Consiglio di Stato - deve avere ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o dall'allevamento di animali". Viene introdotto il concetto di "prevalenza", fino ad ora presente in una parte della legislazione riferita alle attività agricole e mai esplicitato chiaramente. Il che consente all'imprenditore agricolo il ricorso al mercato per acquistare prodotti da destinare alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, sempre che non siano prevalenti rispetto a quelli ottenuti dall'imprenditore stesso attraverso la coltivazione del fondo e l'allevamento di animali e integrino il prodotto originario al fine di realizzare un migliore prodotto finale».

«Ed è proprio questa la ragione giuridica per la quale è stato ritenuto incompatibile l'impianto progettato dalla Oil Salento, cioè da un soggetto del tutto estraneo alle attività agricole del Comune di Veglie, sia sotto il profilo soggettivo che sotto l'aspetto oggettivo. E' questo il criterio che dovrà essere tenuto presente dai tecnici e dagli amministratori dei Comuni salentini per consentire insediamenti produttivi nelle zone agricole dei loro territori».

 

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