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Da La Gazzetta del Mezzogiorno di Martedì 15 Ottobre 2002

Le verità di Vito Di Emidio, il boss pentito, da oggi al vaglio della Corte d'Assise
Il massacro torna in aula

Altri tre alla sbarra, dopo gli ergastoli a Congiu e De Pau

 

VEGLIE - La strage della Grottella torna in Corte d'Assise. Prende il via questa mattina il processo nato dalle dichiarazioni del pentito Vito Di Emidio che, dopo l'arresto, ha vuotato il sacco raccontando i particolari e svelando i retroscena dell'assalto ai due portavalori della Velialpol. Alla sbarra ci saranno Antonio Tarantini, 27 anni, di Monteroni; Pasquale Tanisi, 38 anni, di Ruffano; e Marcello Ladu, 28 anni, di Nociglia, ex primula rossa sarda.
I tre sono accusati di aver fatto parte del commando che la mattina del 6 dicembre del 99 assaltò con bombe e kalashnikov i portavalori della Velialpol. Fu una vera e proprio azione di guerriglia che lasciò sull'asfalto tre vigilantes (Rodolfo Patera, Raffaele Arnesano e Luigi Pulli tutti di Veglie) ed altrettanti feriti (Giuseppe Quarta di Copertino; Giovanni Palma e Flavio Matino, entrambi di Veglie). L'assalto fruttò un miliardo ed 800 milioni. I tre dovranno difendersi anche dall'accusa di aver partecipato all'assalto del 2 novembre del '99. Fu la prova generale della strage della Grottella; rimasero ferite tre guardie giurate dello stesso istituto: Andrea Pati; Aldo Nuzzo e Augusto Tarantino di Veglie.
L'ex imprendibile, noto alle cronache con il soprannome di «Bullone», non sarà del processo perché ha scelto il rito abbreviato. E insieme con lui il 18 novembre saranno giudicati anche i due cognati sardi. Gianluigi De Pau e Pierluigi Congiu hanno già rimediato l'ergastolo per la strage della Grottella. Adesso saranno giudicati per alcuni reati satellite (tranne Congiu che risponde anche del primo agguato) che sarebbero stati commessi nel corso delle fasi della preparazione del sanguinoso assalto.
Fra i capi di imputazione compare anche la rapina alla gioielleria Valzano di San Pietro Vernotico.
L'Accusa sarà sostenuta dai sostituti procuratore Guglielmo Cataldi della Direzione distrettuale antimafia e Patrizia Ciccarese. Il collegio della difesa è composto dagli avvocati Luigi Corvaglia, Alfredo Cardigliano e Pantaleo Cannoletta.

 

Da La Gazzetta del Mezzogiorno  di Mercoledì 16 Ottobre 2002

Prima udienza per il massacro dei vigilantes. Alla sbarra Tanisi, Tarantini e Ladu
Parti civili al completo
L'accusa privata è pronta a sostenere la sua parte

 

Strage della Grottella bis: l'impegno di riempire le gabbie e di trascinare davanti ai giudici i componenti del commando è stato mantenuto. L'arresto di Vito Di Emidio e il suo pentimento hanno permesso di svelare i retroscena del sanguinoso assalto. E dopo l'ergastolo inflitto ai due pastori sardi, ieri mattina, la rapina ai furgoni portavalori della Velialpol si è riproposta in Assise con tutto il suo carico di dolore. La prima udienza è scivolata fra eccezioni e schermaglie. Ed è servita a riunificare le posizioni di Pasquale Tanisi di Ruffano, Antonio Tarantini di Monteroni e di Marcello Ladu, l'ex latitante sardo, con assidue frequentazioni a Nociglia. Tutti e tre rispondono della strage della Grottella, dell'assalto del 2 novembre al furgone, e della rapina alla gioielleria Valzano di San Pietro Vernotico. I tre imputati sono difesi dagli avvocati Pantaleo Cannoletta, Alfredo Cardigliano e Luigi Corvaglia.
I parenti delle vittime si sono costituiti parte civile. Lo hanno fatto i familiari di Rodolfo Patera e di Raffaele Arnesano che sono assistiti dagli avvocati Gaetano Gorgoni ed Ennio Cioffi. Parte civile si sono costituiti Giuseppe Quarta di Copertino, una delle guardie giurate superstiti, e l'istituto di vigilanza Velialpol di Veglie (ad assisterli c'è l'avvocato Claudio Di Candia). Infine hanno deciso di costituirsi parte civile anche i gioielleri di San Pietro Vernotico: Salvatore, Lucio e Paola Valazano sono assistiti dagli avvocati Paolo Spalluto e Lavinia Gala.
La prossima udienza è fissata per martedì prossimo a mezzogiorno. In quell'occasione la Corte presieduta da Giacomo Conte (a latere Pietro Silvestri) si pronuncerà sulle eccezioni sollevate dalla difesa.
La strage di Copertino è finita anche nelle aule della giustizia civile. I familiari di Luigi Pulli, la guardia giurata che rimase uccisa nello scontro fra il blindato e l'autocarro dei rapinatori, hanno scelto il processo civile per ottenere il risarcimento del danno dall'assicurazione del camion. La stessa scelta è stata fatta dagli altri due superstiti Giovanni Palma e Flavio Matino; tutti sono assistiti dall'avvocato Claudio di Candia. E alla giustizia civile hanno fatto ricorso anche i vigilantes rimasti feriti nell'assalto del 2 novembre del 99 avvenuto sulla Leverano-Veglie: si tratta di Aldo Nuzzo, Andrea Pati ed Augusto Tarantino.
Ci sarà un'ulteriore appendice per la strage della Grottella: è fissata per il 8 novembre quando con il rito abbreviato saranno processato Vito Di Emidio, il brindisino Fabio Maggio, Perluigi Congiu e Gianluigi De Pau.

 

Da La Gazzetta del Mezzogiorno di Mercoledì 23 Ottobre 2002

Strage di Copertino, schermaglie in aula

 

 VEGLIE - E' stata riservata alle schermaglie fra accusa e difesa la seconda udienza in Assise del processo bis per la strage della Grottella. A giudizio ci sono Pasquale Tanisi, Marcello Ladu e Antonio Tarantini, tirati in ballo dal boss pentito Vito Di Emidio che si è autoaccusato della strage che costò la vita a tre vigilantes della Velialpol.
La Corte presieduta dal dottor Giacomo Conte si è espressa sulla eccezione di illegittimità costituzionale di un articolo del codice di procedura penale che riguarda l'incidente probatorio. E' bene ricordare che nella fase delle indagini preliminari la Procura aveva chiesto ed ottenuto l'incidente probatorio per anticipare la raccolta di alcune prove. La Corte, dopo quasi due ore di camera di consiglio, ha respinto l'eccezione perché manifestatamente infondata.
Il processo riprenderà martedì prossimo: dopo la decisione della Corte sulla richiesta di ammissione delle prove si aprirà il dibattimento.

 

Da La Gazzetta del Mezzogiorno e dal Quotidiano di Lecce di Martedì 19 Novembre 2002

da La Gazzetta del Mezzogiorno del 19 Novembre 2002

Le richieste del Pm per l'assalto al portavalori

Organizzò la strage, «14 anni al pentito»

 

 VEGLIE - La Procura presenta il conto a «Bullone» per la strage di Copertino. L'ex bandito determinato e sanguinario oggi è un prezioso collaboratore. Con le sue dichiarazioni ha contribuito a far luce su numerosi episodi di sangue, fra i quali anche la strage della Grottella in cui persero la vita tre vigilantes della Velialpol.

Vito Di Emidio meriterebbe l'ergastolo. E lo sa pure lui, tanto che ha scelto la via del pentimento per non marcire in galera. Ecco perché «con difficoltà» i sostituti procuratori Guglielmo Cataldi e Patrizia Ciccarese hanno invocato una condanna a 14 anni per Bullone. La richiesta è giunta al termine della requisitoria nel processo che si celebra con rito abbreviato davanti al gup Maurizio Saso. Di Emidio risponde della strage della Grottella, ma anche di altri episodi, fra cui la rapina del 6 novembre del '99 al furgone blindato della Velialpol e l'assalto alla gioielleria Valzano di San Pietro Vernotico.

Hanno scelto la via dell'abbreviato anche altri presunti componenti della banda, accusati da Bullone, che avrebbero preso parte ad alcune delle scorrerie. E così alla sbarra ci sono anche i due pastori sardi Gianluigi De Pau e Pierluigi Congiu che sono già stati condannati all'ergastolo per la strage di Copertino. Congiu risponde della rapina al portavalori; De Pau di concorso morale nel furto delle auto e dei mezzi utilizzati dalla banda. Per il primo 1'accusa ha invocato una condanna ad 8 anni, per il secondo a 2 anni ed 8 mesi. Sul banco degli imputati siede anche il brindisino Fabio Maggio, accusato di aver preso parte alla prima rapina e poi allontanato dal gruppo perché «poco deciso»; per lui sano stati chiesti 4 anni di carcere.

Al termine della requisitoria, per i due sardi, ha preso la parola l'avvocato Pasquale Ramazzotti. Le altre udienze sono previste per il 22 novembre e il 20 dicembre quando ci sarà la sentenza. Parti civili sono costituiti i familiari dei vigilantes uccisi, le guardie giurate ferite, l'istituto di vigilanza, i titolari della gioielleria Valzano, con gli avvocati Gaetano Gorgoni, Claudio Di Candia e Paolo Spalluto.


dal Quotidiano di Lecce  del 19 Novembre 2002

«Grottella, 14 anni per il boss»

Si è aperto, nella mattinata di ieri, dinanzi al gup Maurizio Saso il secondo procedimento - il primo segue il rito ordinario in Corte d'Assise - nato dall'inchiesta bis della Grottella, l'indagine che accorpa i tre episodi criminosi messi a a segno dal commando armato: la strage di Copertino, la prima rapina ai blindati della Velialpol ed il colpo alla gioielleria Valzano.

A giudizio l'ex boss brindisino Vito di Emidio, ora collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni hanno fatto luce sui crimini commessi dalla banda. Per "Bullone" (difeso dall'avvocato Vera Guelfi) l'accusa - i sostituti procuratori Patrizia Ciccarese e Guglielmo Cataldi - ha richiesto 14 anni di reclusione, pena che tiene conto sia dello sconto garantito dalla scelta del rito abbreviato che della diminuente prevista dalla legge sui collaboratori di giustizia. Di Emidio è ritenuto responsabile di tutti e tre gli episodi criminosi; era lui - stando a quanto dichiarato in aula dallo stesso pentito - l'organizzatore dei tre colpi. Compreso l'ultimo: il sanguinoso assalto ai portavalori che ha causato la morte di tre guardie giurate della Velialpol.

Sul banco degli imputati anche i due pastori sardi Gian Luigi De Pau (assistito dagli avvocati Andrea Moreno e Pasquale Ramazzotti) e Pier Luigi Congiu (con gli avvocati Elvia Belmonte e Pasquale Ramazzotti), già condannati all'ergastolo per aver partecipato all'eccidio del 6 dicembre del '99. Per Congiu accusato di aver fatto parte della banda durante le due rapine - quella del 2 Novembre ai blindati e l'altra alla gioielleria Valzano - i pm hanno chiesto 8 anni di detenzione. Due anni ed 8 mesi di reclusione, invece, per De Pau che risponde di alcuni furti d'auto messi a segno in preparazione degli agguati. Quattro anni di reclusione, sono stati chiesti per Fabio Maggio (difeso dall'avvocato Paola Giurgola) per aver partecipato al primo assalto ai blindati.

Dopo la lunga requisitoria dei titolari d'indagine, è stata la volta delle parti civili. Ha dato poi il via alla discussione dei difensori l'avvocato Ramazzotti. Nella prossima udienza, già fissata per il 22 novembre si proseguirà con i legali Guelfi e Giurgola. Il 20 dicembre, invece, discuterà l'avvocato Belmonte.

 

di Valentina Bernardini

Dal Quotidiano di Lecce e da La Gazzetta del Mezzogiorno di Sabato 23 Novembre 2002

dal Quotidiano di Lecce del 23 Novembre 2002

In aula l'ex Primula rossa della Scu. Parole a sorpresa, le sue.

Il boss chiede perdono

 

 VEGLIE - Perdono, la parola capace di raddrizzare i torti. Di solito la si trova sulla bocca dei bambini che hanno commesso qualche marachella. Difficile credere che a pronunciarla, questa volta, sia stato il sanguinario boss brindisino Vito Di Emidio. L'uomo che - per sua stessa ammissione - si è reso autore di un numero impressionante di crimini non ultimo il colpo che ha portato alla strage della Grottella, l'assalto ai due blindati della Velialpol che ha causato la morte di tre guardie giurate. Da tempo "Bullone" collabora con la giustizia, si è pentito, sì, ma nel vero senso giudiziario della parola. Ora l'ex Primula Rossa della Scu fa ammenda per tutti i reati commessi. E  per farlo, sceglie proprio quell'aula del tribunale dove si celebra il processo, con il rito abbreviato, per la sanguinosa rapina ai portavalori, procedimento di cui è il principale imputato e per il quale i pm Giuseppe Cataldi e Patrizia Ciccarese hanno chiesto 14 anni di reclusione, vuoi lo sconto per il rito, vuoi la riduzione per il pentimento.

«Chiedo scusa, mi vergogno persino di venire in aula per tutto quello che ho fatto» - ha dichiarato il collaboratore di giustizia. In prigione, i giorni sono lunghi, le ore passano lente, Di Emidio ha avuto modo di riflettere. Dinanzi ai suoi occhi, come in un cortometraggio, sono passate le immagini di anni di malefatte, una raffica di rapine e delitti. Nelle sue orecchie ancora le urla di terrore delle vittime. A loro chiede perdono. E ai loro parenti. Perdono per tutte quelle vite spezzate.

Il 6 dicembre del '99 tre uomini, tre padri di famiglia: Raffaele Arnesano, Rodolfo Patera e Luigi Pulli, si sono svegliati di buon'ora e si sono recati al lavoro così come avevano sempre fatto, senza immaginare che non avrebbero mai  più fatto ritorno a casa. «Non sarebbe dovuto accadere» - ha affermato il pentito - «le cose non dovevano, andare così». Eppure era stato proprio Di Emidio ad architettare il colpo ai due blindati, l'agguato che quella mattina causò tre morti ingiuste.

Il pentito si pente, e chiede perdono ai familiari dei tre uomini, un perdono che forse, chissà, non arriverà mai. Dopo le dichiarazioni rese da Di Emidio ha preso la parola il difensore del collaboratore, l'avvocato Vera Guelfi. E' stata poi la volta del legale Paola Giurgola, che in questo stesso giudizio assiste Fabio Maggio, il brindisino accusato di aver partecipato alla rapina messa a segno dalla banda il 2 novembre del '99 contro un altro furgone della Velialpol (solo tre feriti, e per fortuna; un miliardo e passa di lire il bottino).

Nella prossima udienza, il 20 di dicembre, sono state già fissate le discussioni dei legali Elvia Belmonte ed Andrea Moreno. Poi la sentenza.

di Valentina Bernardini


da La Gazzetta del Mezzogiorno del 23 Novembre 2002

Il Killer-pentito chiede scusa

Il killer sanguinario chiede perdono alle famiglie delle vittime. Dopo il pentimento e la collaborazione con la giustizia, Vito Di Emidio implora perdono per il male che ha commesso e i lutti che ha seminato.

«Bullone», l'ex imprendibile primula rossa della malavita salentina, l'uomo senza scrupoli, è apparso turbato e in difficoltà quando, ieri mattina, ha preso la parola nel processo che si celebra con rito abbreviato per la strage della Grottella.

«Durante la mia lunga detenzione in carcere ho avuto tempo per riflettere su quello che ho fatto e adesso provo vergogna. Chiedo perdono a tutte le persone a cui ho fatto del male, in particolare ai familiari delle vittime 

della strage della "Grottella".

Poche parole pronunciate in dialetto brindisino. Il giudice Maurizio Saso le ha «tradotte» in italiano e dettato alle stenotopiste perché rimangano agli atti del processo.

Vito Di Emidio avrebbe voluto chiedere perdono già durante l'udienza di lunedì scorso, poi occupata dalla requisitoria del pubblico ministero Gulielmo Cataldi. Ma il ritardo di un volo aereo gli ha impedito di giungere a Lecce.

Ieri, però, non ha voluto perdere tempo. Ed in apertura di udienza ha chiesto di rendere spontanee dichiarazioni per liberarsi di quel peso. Così si è avvicinato al microfono ed ha cominciato a parlare. E' apparso in difficoltà, turbato, quasi avesse pudore a pronunciare quelle parole. Frasi che non t'aspetti sulla bocca di chi ha organizzato assalti e rapine, ha maneggiato bombe e fucili.

Probabilmente avrebbe preferito che fossero presenti i familiari delle vittime della strage della Grottella. Forse era certo che ci fossero. Ma sui banchi delle parti civili c'erano solo gli avvocati. Mancavano le vedove di Luigi Pulli, Raffaele Arnesano e Rodolfo Patera, i vigilantes uccisi nel sanguinoso assalto ai portavalori del 6 dicembre del '99. Ed è a loro che Bullone ha chiesto perdono.

Non l'aveva mai fatto finora. Gli era già capitato in Assise di parlare delle ragioni che lo hanno spinto a pentirsi: «Voglio trascorrere il tempo che mi resta con la mia famiglia e non in carcere». Ma non aveva mai fatto abiura del passato.

Sul capo di Di Emidio pende una richiesta di condanna a 14 anni. Una pena che risente degli "sconti" del rito abbreviato e della condizione di pentito. Bullone, infatti, risponde della strage della Grottella e dell'assalto al portavalori del 2 novembre del 99. Insieme con lui saranno giudicati con il rito abbreviato i pastori sardi Gianluigi De Pau e Pierluigi Congiu (già condannati all'ergastolo): il primo risponde dei furti dei mezzi utilizzati per compiere l'assalto; Congiu è accusato anche della rapina del 2 novembre.

La prossima udienza è prevista per il 20 dicembre e ci sarà la sentenza.

 

Dal Quotidiano di Lecce di Mercoledì 11 Dicembre 2002

L'ex boss brindisino racconta:

«Fu mio nonno a dirmi: pentiti»

 

 «E' stato mio nonno Domenico a farmi pentire: mi è apparso in sogno mentre ero in cura nell'ospedale "Di Summa" di Brindisi per le ferite riportate durante la mia cattura. Il nonno mi ha detto: Vito, basta con questa vita sanguinaria. Rimettiti sulla buona strada e cancella il passato».

L'ex boss Vito Di Emidio ed ex componente della squadra dei 30 latitanti italiani più pericolosi, reoconfesso di 21 omicidi, passato nelle fila dei collabora di giustizia, ha riservato un altro colpo di scena in udienza. Comparso Lunedì pomeriggio in video conferenza come imputato di reato connesso nel processo che vede alla sbarra nella seconda sezione penale del Tribunale di Lecce il suo ex compare Pasquale Tanisi, 39 anni di Ruffano, per gli arsenali di armi da guerra e le bombe che fece ritrovare nel Basso Salento all'inizio della collaborazione, Di Emidio rispondendo al controesame degli avvocati Luigi Corvaglia e Alfredo Cardigliano ha citato suo nonno Domenico quando gli è stato chiesto perhé si fosse pentito. "Bullone" ha aggiunto anche che nei primi due giorni trascorsi nella stanza 100 del "Di Summa" ha capito che se non fosse uscito presto dal giro, il boss della Scu di Tuturano Salvatore Buccarella l'avrebbe fatto ammazzare: «Avevo intuito che mi considerava un'emergente da togliere presto di mezzo perché stavo mettendo in dubbio il suo dominio sul territorio. E poi ho pensato ai miei figli: avevo voglia di stare con loro due. Ma è stata l'apparizione in sogno del nonno a convincermi che era giunto il momento di dare una svolta alla mia vita».

Di Emidio ha parlato dell'uomo che gli fece da padre dopo aver trascorso l'infanzia in un orfanotrofio di Ostuni e in un collegio di San Vito dei Normanni. Un uomo tutto d'un pezzo, fondatore di un'azienda vinicola invia Appia (Brindisi, l'ex strada degli stabilimenti vinicoli) che mise al mondo Bernardo, il padre di "Bullone": questi antefatti probabilmente non li conoscono il presidente della seconda sezione penale Roberto Tanisi e il pubblico ministero della Dda Guglielmo Cataldi presenti alla sia confessione. E' noto invece che la notte del 28 maggio dell'anno scorso Di Emidio prima di essere catturato dai carabinieri si era aggirato nel rione Paradiso alla ricerca di due pesci piccoli che si sarebbero resi disponibili a venderlo alle forze dell'ordine. La cattura avvenne di ritorno da quella spedizione mancata, il nonno Domenico gli apparve in sogno due giorni dopo e lo fece passare fra i collaboratori di giustizia.

La prima confessione più intima del boss pentito del suo passato sanguinario l'aveva fatta il 23 novembre quando è apparso davanti al giudice dell'udienza preliminare Maurizio Saso per rispondere della strage della Grottella: «Chiedo perdono, mi vergogno persino di venire in aula per tutto quello che ho fatto. Quei tre vigilantes, padri di famiglia, non dovevano morire. Le cose non sarebbero dovute andare in quel modo».

 Il 20 dicembre ci sarà la sentenza del gup Saso che sta valutando la richiesta di 14 anni di carcere avanzata dai pubblici ministeri Guglielmo Cataldi e Patrizia Ciccarese. Poi "Bullone"  tornerà a parlare di altre vicende della sua vita di boss: e potrebbe svelare nuove illuminazioni frutto dei suoi presunti rimorsi di coscienza.

 

di Erasmo Marinazzo

 

Da La Gazzetta del Mezzogiorno e dal Quotidiano di Lecce di Domenica 22 Dicembre 2002

da La Gazzetta del Mezzogiorno del 22 dicembre 2002

 

Condannato con il rito abbreviato l'ex latitante della Scu, divenuto oggi prezioso pentito

Strage, 16 anni per Di Emidio

La condanna supera la richiesta del pubblico ministero Ciccarese

Nell'assalto ai furgoni portavalori furono trucidati tre vigilantes

 

Il perdono chiesto ai familiari delle vittime non è servito a mitigare i 14 anni di carcere invocati dal pubblico ministero Patrizia Ciccarese. L'ex latitante della Sacra corona, Vito Di Emidio, brindisino, oggi «prezioso» collaboratore di giustizia, è stato infatti condannato a 16 anni. Così ha deciso il giudice delle indagini preliminari, Maurizio Saso, al termine dell'udienza col rito abbreviato a cui il pentito aveva chiesto ed ottenuto di poter avere accesso, per chiudere il conto che la giustizia gli aveva presentato per la strage della Grottella, a Copertino. L'assalto al furgone portavalori della Veliapol del 6 dicembre di tre anni fa, in cui vennero trucidate tre guardie giurate ed altre cinque restarono ferite. Oltre che di quella sanguinosa rapina, Di Emidio rispondeva anche del «colpo» del 6 novembre dello stesso anno ad un altro furgone che trasportava denaro contante (tre i feriti, anche in quel caso guardie giurate) e della tentata rapina alla gioielleria Valzano di San Pietro Vernotico. Con lui in udienza, del concorso nella rapina di novembre e dell'assalto in gioielleria, rispondeva anche il sardo Pierluigi Congiu, che è stato condannato a sette anni. Del solo tentativo di rapina, inoltre, rispondeva il brindisino Fabio Maggio, che ha rimediato quattro anni di carcere. Del furto dei mezzi utilizzati per gli assalti ai furgoni, infine, rispondeva anche l'altro sardo, Gianluigi De Pau, che è invece andato assolto (per la strage i due sardi erano già stati condannati all'ergastolo).


dal Quotidiano di Lecce del 22 dicembre 2002

Di Emidio, 16 anni per la strage

 

Strage della Grottella: il capo della banda che uccise le guardie giurate Raffaele Arnesano, Rodolfo Patera e Luigi Pulli e ne ferì gravemente altre tre se l'è cavata con una condanna a 16 anni di carcere. Due componenti dello stesso gruppo che ammazzò per impossessarsi dei quasi due miliardi di lire trasportati da due furgoni della Velialpol il 6 dicembre 1999 sulla Coperti-San Donato, i pastori sardi Pierluigi Congiu e Gianluigi De Pau, hanno preso l'ergastolo nel processo di primo grado conclusosi lo scorso 3 maggio.

Se il boss prende 16 anni e i gregari l'ergastolo non è perché la giustizia ha due pesi e due misure, ma per le diverse posizioni nei rispettivi procedimenti: Di Emidio quattro giorni dopo la sua cattura, avvenuta il 29 maggio dell'anno scorso, è passato fra le file dei collaboratori di giustizia consentendo agli inquirenti di venire a capo di questa e di altre sanguinose vicende. Per i pentiti l'ergastolo si converte in una pena da 24 a 30 anni di carcere, ma Di Emidio ha usufruito anche di un secondo sconto di pena, poiché  ha optato per il rito abbreviato che consente una riduzione di un terzo della condanna: i 24 anni per omicidio colposo sono così diventati 16.

Lo ha deciso il giudice delle udienze preliminari Maurizio Saso respingendo in parte l'istanza del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia Guglielmo Cataldi, che aveva chiesto una condanna a 14 anni di reclusione: il pm nell'udienza del 18 novembre ha sostenuto che Di Emidio ha  commesso la rapina per agevolare l'associazione mafiosa. Se questa aggravante fosse stata accolta, il gup avrebbe potuto applicare la norma prevista nelle misure di prevenzione antimafia: dissociandosi e dando un contributo decisivo alle indagini, la pena dell'ergastolo per un pentito di mafia è sostituita da quella della reclusione da 12 a 20 anni di carcere.

Il gup invece ha ritenuto che al gruppo di Di Emidio possa essere contesta l'associazione per delinquere finalizzata a commettere rapine e furti,  ma non di tipo mafioso: Bullone era un "cane sciolto" e più che associato della Scu temeva di essere ammazzato dall'organizzazione poiché sospettato di essere stato il Killer di Santino Vantaggiato, boss del contrabbando ucciso in Montenegro. Il gup ha optato per un giudizio di equivalenza fra le aggravanti e le attenuanti generiche: Di Emidio è stato indiscutibilmente il capodella banda che ha commesso la rapina ai furgoni della Veliapol, ma ha anche contribuito a fare catturare Marcello Ladu, Antonio Tarantini, Pasquale Tanisi (per loro è in corso il processo di primo grado in Corte d'Assise), De Pau e Congiu.

Lo stesso Congiu è stato condannato a sette anni di reclusione a una pena pecuniaria di duemila euro per la rapina commessa il 2 novembre sulla Leverano-Veglie sempre a un furgone della Velialpol (bottino un miliardo di lire, tre feriti ) e quella alla gioielleria Valzano di San Pietro Vernotico (bottino 350 milioni). Il brindisino Fabio Maggio risponde anche lui dell'assalto di novembre e per questo il gup gli ha comminato quattro anni di carcere e mille euro di multa.

Congiu e De Pau sono stati assolti dall'accusa di aver commesso il furto dei camion usati tanto nel colpo alla gioielleria quanto nella prima rapina.

Il gup ha stabilito anche le provvisionali da liquidare alle parti civili: 40mila euro a Giuseppe Quarta; l0mila euro ad Antonio Patera; 10mila euro a Rosa Nicolì; 120mila euro a Maria Conte (vedova di Rodolfo Patera), per sé e per i figli minori S.P. e G.P.; 10mila euro a Luigi Arnesano; 80mila euro a Romina Jacovelli (vedova di Raffaele Arnesano); 20mila euro a Lucio Valzano e a Paola Valzano; 10mila euro a Salvatore Valzano, questi ultimi titolari della gioielleria di San Pietro.

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Elvia Belmonte, Pasquale Ramazzotti, Vera Guelfi, Alberto Chiriacò, Andrea Moreno e Paola Giurgola.

di Erasmo Marinazzo

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