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"Giovanni Caputo” - 20 febbraio 2007  

Canta Rinalda, canta

E’ mai possibile che a Veglie nessuno si ponga il problema di ricomporre il centro-sinistra per adeguarlo alle sfide, non solo elettorali ma soprattutto culturali, che la destra sferra sulla sicurezza, sull’emigrazione, sul lavoro, sui diritti delle persone, sull’informazione, sulla giustizia, sul ruolo internazionale del nostro paese? Si può rimanere indifferenti nei riguardi di una destra, che mira a saldare la propria azione politica intorno al richiamo delle gerarchie ecclesiastiche, che spingono ad una subordinazione del ruolo dello Stato ai principi della fede?

E’ lungimirante non organizzarsi per far conoscere ai cittadini le motivazioni che hanno portato a varare una legge finanziaria di così ampie proporzioni?

Festeggiare “benemeriti” concittadini è lodevole, ma si creano spaccati sociali incolmabili, se non si riesce a capire in cosa consista la legge Bindi-Pollastrini, che include altri cittadini nella fruibilità di quei diritti ampiamente acquisiti dalla tradizione europea.

Le “Pompiliate”, ricordano il “panem et circenses”, sono un momento ludico dello stare insieme, ma l’assistenza sanitaria e la soppressione dei laboratori di analisi, presenti sul tutto il territorio pugliese, non interessa proprio nessuno?

Ai partiti della sinistra riformista e radicale non interessa che un’amministrazione di centro sinistra abbia approvato, il 29 dicembre, una delibera di giunta per istituire per la prima volta a Veglie l’I.R.P.E.F., nella misura dello 0,5%?

Non si vuole sostenere, come fa Berlusconi, che l’istituzione delle tasse di per sé sia espressione d’inettitudine amministrativa. Ma il minimo di correttezza procedurale e di trasparenza gestionale impone che si dia conto al cittadino, che paga, di che fine facciano i suoi soldi. Non si può prendere una delibera da un altro comune e approvarla.

I partiti di sinistra hanno il dovere, se ritengono di svolgere una funzione politica nell’interesse dei cittadini, di chiedere agli amministratori quali siano i bisogni economici reali del Comune. La delibera non presenta uno straccio di motivazione. Richiama, considera, ricorda, rileva, attende, precisa e poi continua a rilevare ed infine, dopo un nuovo richiamo alla legge istitutiva della tassa, passa a deliberare lo 0,5%, che permetterà al Comune d’incassare 250 mila euro, prelevandoli dai cittadini vegliesi.

Ma da dove nasce lo 0,5%? Perché non lo 0,2 o lo 0,8? Quali sono le reali esigenze finanziarie del Comune? I presunti mancati trasferimenti dello Stato a quanto ammontano? Un atto deliberativo, che chiede ai cittadini di contribuire con i loro soldi al mantenimento della gestione del Comune, non dovrebbe essere sostenuto da una relazione della Ragioneria e da un’altra del Revisore dei conti, che certifichino la necessità dell’imposta? In tutti i bilanci pubblici, le maggiori entrate, provenienti dalle tasche dei cittadini, sono affiancate da riduzioni di spesa, per giustificare il prelievo forzato. A Veglie non c’è nessuna spesa da sopprimere? In realtà, lo Stato ha ridotto i trasferimenti ai Comuni anche perché in più occasioni, la Corte dei Conti ha denunciato che gli Enti Locali operano, per manipolare il consenso, una spesa allegra in consulenze ed elargizioni, viaggi e rappresentanze. Veglie è esente da questa denuncia? I partiti di sinistra hanno avuto modo di controllare la qualità e la quantità delle spese correnti?

Nei riguardi di un’amministrazione, nata di centro e divenuta nel prosieguo di centro-sinistra, al di là del “malpancismo” da una parte e della “furfantaggine” unita alla “sciatteria” dall’altra, non si può costruire un’opposizione preconcetta e gridata. Dopo il disastro delle ultime elezioni, qualcosa va pur fatto per riprendere un minimo di dialogo.

Detto questo, non si può tacere sulle scelte di localizzazione della zona P. I. P., le quali ignorano i bisogni e le richieste degli artigiani, non tengono conto degli insediamenti esistenti e identificano nuove aree, che dovranno essere espropriate ed urbanizzate con costi non sostenibili, una volta immesse sul mercato, dalle aziende locali.

Il clientelismo è la pratica amministrativa intorno alla quale è nata e si cementa l’attuale maggioranza: qualche assessore, proveniente da altre stagioni politiche, ne ha fatto una scelta di vita. Ma l’affidamento dell’incarico per la predisposizione di un Programma Integrato di Riqualificazione delle Periferie (P.I.R.P.) può passare senza mortificare le risorse del Paese, quali sono i tecnici vegliesi? I diretti interessati cosa pensano dell’incidente?

I partiti della sinistra, ai quali questa nota è rivolta, non hanno nulla da dire ai cittadini di Veglie sulla richiesta di sette milioni di euro, che la ditta Panarese ha fatto alla Provincia di Lecce, per danni subiti dall’attraversamento del ponte sulla propria cava? Condividono questa richiesta?

Queste domande non possono rimanere in eterno senza risposta, riguardano l’interesse del paese al quale la politica deve la ragione del suo essere.

Questo silenzio assordante a chi giova?
 

Giovanni  Caputo