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"Mino Mattia"  -  4 luglio 2008

 

Il lavoro nobilita l’uomo, ma può anche ucciderlo!

 

“C’è l’affitto da pagare? Vai a lavorare, lì ti possono sfruttare, umiliare, sottopagare, cassaintegrare, ma non è che ti possono ammazzare, non è così, per dio, non è così che deve andare, cazzo, morire, cazzo morire per poco più di un milione non può capitare, ma non si sa come succede ogni giorno a ben tre persone e io sarei il pazzo! mille morti l’anno è una guerra per dio, ed io sono un pazzo fottuto che con una guerra in corso vado ancora in giro disarmato, un pazzo, un pazzo fottuto (…)”
Povera vita mia, 99 posse.

“La figlia adesso sta all’ospedale, ed è li quando i medici escono dal reparto e le dicono che il padre non ce l’ha fatta. Anche chi sta qui, sotto i fari gialli che accolgono i visitatori dello stabilimento, ha l’aria disfatta di chi non ce la fa più. I più giovani parlano e accusano e puntano il dito e imprecano e si sentono come chi è all’inizio di una battaglia che deve essere combattuta e deve essere vinta, ad ogni costo. I più anziani preferiscono il silenzio come se il tempo passato, l’averne viste ”di tutti i colori”, avesse steso uno strato di disillusione rassegnata su tutto ciò che potrebbe essere meglio e non lo è, non lo sarà: «Tanto non cambierà mai niente. Adesso tutti urlano, invocano giustizia. Hanno scoperto il problema della ”sicurezza sul lavoro”. Dopo i funerali nessuno se ne ricorderà più»…”

1200 morti e circa un milione gli infortuni sul lavoro ogni anno.
Nel solo settore dell’edilizia si registrano 1300 morti negli ultimi cinque anni.

La realtà non è molto diversa fra i paesi del nord e quelli a noi vicini, quello che però sconcerta è l’assoluta noncuranza, il disprezzo della vita umana e, non so in quale misura, anche l’ignoranza.
Da anni, praticamente da sempre, inorridisco nel vedere e constatare come sia ancora possibile ammirare i “trapezisti” dell’assurdo, uomini ragno in eterno equilibrio precario su piccole assi di legno a dieci metri dal suolo, impalcature da terzo mondo proprio qui, in un Paese che ha la presunzione di chiamarsi civile. Ponteggi al limite dell’impossibile, tubi arrugginiti e giunti difettosi, assi di legno semplicemente appoggiate e senza nemmeno un parapiede o una scala di sicurezza
E i nostri valorosi eroi, muratori e carpentieri così come gli imbianchini, elettricisti, montatori e idraulici sfidano ogni giorno le leggi della gravità e del buon senso, in barba ad ogni sensata legge sia essa la 626 o la 494.
Ho visto addirittura un ponteggio ancorato e fissato ad una tubazione di gas metano…
Perennemente senza cinture di sicurezza, in scarpe da tennis e capelli al vento, tanto in verità qui da noi il casco non si usa nemmeno in moto…

Quando piangeremo il prossimo morto a Veglie? Chi avrà il coraggio di dirlo alla famiglia?
Quando grideremo, ancora una volta, che le morti bianche sono inaccettabili ed indegne di un Paese civile? Chi potrà sentirsi davvero senza colpe?
Quando applaudiremo un nuovo feretro all’uscita di una chiesa? E se fosse un nostro caro?
Siamo già pronti a consolare la povera vedova e ad accarezzare i pargoletti rimasti tristemente orfani? Quanto fariseismo e qualunquismo si nasconde nei gesti a posteriori…
Siamo già pronti ad organizzare una raccolta fondi da destinare ai miseri familiari, per poi scordarcene ipocritamente il giorno dopo? Basta davvero così poco per sfamare la nostra coscienza?
Siamo già pronti a dire che di lavoro non si può morire e che le istituzioni non ci tutelano?

Balle, tutte balle, enormi balle!


La colpa è si dell’ispettorato del lavoro che latita in maniera indegna.
La colpa è anche dei nostri tutori della legge, che molto spesso sono troppo impegnati per accorgersi che la differenza tra un aspirante suicida e un povero cristo in equilibrio precario è davvero inesistente.
La colpa è altresì dei titolari di quelle imprese poco serie che per ignoranza o malafede omettono le benché minime ed elementari misure di sicurezza, che siano le scarpe con la punta rinforzata o l’elmetto o una cintura di sicurezza.
Ma la colpa più grave è la tolleranza, la terribile tolleranza dettata dalla miseria e dalla povertà, da quella estrema necessità di un lavoro ad ogni costo, dove è impossibile ribellarsi altrimenti si rimane a casa. Quella infame tolleranza che ci fa dimenticare che moltissimi dei lavoranti è in nero, togliendo loro anche la dignità di Lavoratore, e non parlo di ferie e malattia…
E noi tutti siamo tolleranti, troppo ed ingiustificatamente tolleranti, nessuno escluso.
Lo siamo nel nome del risparmio, nel nome del dio denaro, perché chiamare per i nostri lavori le imprese serie ed attente alla Sicurezza costa di più, a volte anche tanto di più.
Ma quanto vale una vita umana? Quale valore le diamo? E questa non è una domanda retorica…
La colpa è solo mia, ed è solo tua se domani un ragazzo o un padre di famiglia, nella speranza di portare un piatto in tavola, tornerà a casa su di una sedia a rotelle o peggio in una cassa da morto.
Leggevo che dovremmo vergognarci per le spiagge poco pulite dei nostri mari, magari dovremmo pure farlo, ma sono sicuro che dobbiamo vergognarci soprattutto perché non riusciamo a proteggere un figlio né un padre né una madre, inviandoli ogni giorno ad un possibile massacro e sperando che almeno per oggi non tocchi né a loro né a noi.

Niente scuse allora, se dovesse accadere qualcosa ad un muratore e noi abbiamo visto in quali condiziona lavorava, ne siamo responsabili.
Se delle schegge colpiranno gli occhi di un fabbro intento a smerigliare il nostro cancello, ne siamo responsabili.
Se un contadino subirà dei danni alla salute per aver utilizzato degli anticrittogamici senza criterio, ne siamo responsabili.
Se un camionista non tornerà a casa perché i tempi di consegna erano “imperativi”, ne siamo responsabili.
Se un imbianchino perderà la vista a causa della calce utilizzata per rinfrescare le nostre mura, ne siamo responsabili.

Possiamo scegliere se essere complici, responsabili o semplicemente ignavi.
Oppure possiamo scegliere il rispetto della vita e della dignità del lavoro, pretendendo tutto ciò che può essere dettato dal buon senso, senza necessariamente essere esperti di Sicurezza sul lavoro.

Non aspettiamo troppo per scegliere da che parte stare, potrebbe essere tardi…

 

Mino Mattia