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 Movimento per la Sinistra (Veglie), Gianni Muci –  1 aprile 2009

Svegliati, Veglie!

 

Ennesima puntata della serie (a)politica “Veglie: una storia tanto fantastica, quanto assurda”.

Stanno succedendo tante cose strane, ultimamente, in questo paese, ma quello che colpisce è l’indifferenza della cittadinanza, che non reagisce.

Il controllo democratico (quello vero) parte da noi cittadini, che abbiamo il dovere di denunciare tutto questo:

  1. scandaloso aumento degli abbonamenti dei pullman scolastici, dal 1 Aprile, quasi una beffa, un pesce d’aprile che peserà notevolmente sulle tasche dei cittadini che accudiscono i propri figli e che pagano le tasse, specie in un momento già difficile per tutti;

  2. mancata adesione del Comune di Veglie al Parco del Negroamaro, scelta comprensibile dal punto di vista della coerenza politica - considerato che in quella zona hanno cercato di impiantare un mega-inceneritore noto come sansificio - ma meno comprensibile dal punto di vista dell’investimento sia economico sia d’immagine per il nostro Comune, che rischia di essere tagliato fuori da tutti i circuiti di promozione del territorio e di intercettazione di finanziamenti della Comunità Europea;

  3. indecente proposta di spostare la zona P.I.P., ovvero gli insediamenti produttivi per gli artigiani, a ridosso del ponte della circonvallazione (contro il progetto già approvato di via Salice), solo per pesare ulteriormente sulle casse di un Comune già fortemente indebitato chiedendo agli artigiani di esporsi economicamente senza garantire la vera fattibilità a breve termine del progetto di realizzazione degli impianti, e soprattutto per accontentare i soliti “signorotti” che spadroneggiano (o credono di spadroneggiare) a Veglie;

  4. stallo della “maggioranza” che non cade mai veramente per la mancanza di qualche “cuor di leone” all’appello;

  5. persistente situazione di esclusione della rappresentanza femminile dall’amministrazione di Veglie, in contrasto con la sentenza del T.A.R. che “obbligava” il Sindaco&Co ad adeguarsi a quanto previsto nello Statuto Comunale;

  6. illuminazione pubblica che va e viene, un palo sì e un palo no, che oggi tocca una via e domani un’altra, in una inutile quanto dannosa corsa al risparmio che mette in pericolo la sicurezza dei cittadini e dei luoghi pubblici e privati;

  7. condizione pessima delle strade, che oggi vengono asfaltate, e domani “scòppulanu” forse per l’uso di materiali scadenti, o per i lavori fatti in fretta e furia;

  8. situazione caotica della viabilità ordinaria, con i vigili che cercano di decongestionare un traffico dovuto alla mancanza di un miglioramento o perlomeno di uno studio che coinvolga cittadini, associazioni, commercianti, etc.

Ma la cosa veramente sconfortante a Veglie è che manca una progettazione a livello sociale e culturale. Si va avanti sempre a dare contentini economici e lavoretti precari a chi ha davvero bisogno ma anche a chi non ne ha, perché si deve coltivare il proprio orticello. C’è chi considera la cultura una cosa superflua, di cui si può fare a meno, a fronte di altri problemi più importanti da affrontare.

Ma chi pensa questo si sbaglia.

Un paese non può vivere solo di servizi (quali?) offerti al cittadino, di doni e regalie che possono soddisfare la “pancia”, ma che servono solo a tenerlo in pugno, a tenerselo buono, a non farlo mai crescere veramente, a considerarlo utile solo una volta ogni cinque anni per mettere una crocetta su un simbolo e scrivere un nome.

Dobbiamo rifiutare questo sistema, per offrire possibilità culturali ai cittadini, con una pianificazione amministrativa che oggi manca. Non si può andare avanti con rare manifestazioni svolte da alcuni assessori, che non vengono nemmeno condivise da tutta l’amministrazione.

Non è possibile avere in un’amministrazione pubblica gente che non legge mai, o poco interessata alla cultura: la lettura è il più efficace strumento di emancipazione della persona.

Fino a quando avremo amministrazioni pubbliche così composte, non andremo mai avanti nello sviluppo, ma ci limiteremo alla pura sopravvivenza.

Ebbene si, bisogna dirlo: le amministrazioni devono essere composte da “tecnici”, da gente che se viene messa in un posto deve risolvere i problemi, non crearli.

Non ci si riferisce a gente capace solo di prendere voti la cui provenienza è anche dovuta alla capacità di approfittare dei bisogni dei cittadini, ma a gente che sappia progettare, innovare, far sperare l’intera comunità.

Purtroppo Veglie non ha un’attività culturale. Ma quello che è grave è che gli amministratori non lo credono affatto importante. Credono solo che siano gli affari a contare, ma i soldi creano anche tanta miseria, umana e intellettuale.

Per dirla con le parole di un famoso film, Veglie “non è un paese per vecchi”, ma neanche un paese per giovani, per adolescenti, per bambini, per le donne. Più che un paese, ci sembra un grande circo, il "CIRCO ORFAI", in cui ognuno deve vivere la propria difficile vita, in un paese che lascia le persone sole di fronte al loro destino. In questo grande circo, ogni amministratore fa i suoi “numeri”, i suoi giochi di prestigio il cui trucco, però, si vede benissimo.

Nessuno può però venire a parlare di crisi economica, di società sfibrata, di gente non interessata. Questi sono solo alibi dietro cui si nasconde la voglia di non fare niente.

Ci piace pensare che un giorno si possa tornare alla vera democrazia, in cui si preveda una rotazione degli eletti. Oggi invece assistiamo allo spettacolo di persone che si ricandidano in continuazione, che pensano che la politica sia un lavoro con contratto a tempo indeterminato, senza pensare che dovrebbe essere “solo” una missione, un impegno temporaneo che possa produrre un’esperienza positiva nel corso della propria vita, capace di migliorare le condizioni economiche, sociali e culturali dell’intera comunità che si è chiamati a rappresentare. Perché se si hanno delle idee buone, si deve cercare di metterle in pratica, ma prima o poi (anche) quelle idee esauriscono il proprio respiro, mentre gli amministratori non si esauriscono mai, sono sempre gli stessi.

Gianni Muci