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 Cosimo FAI - Venerdì 11 Ottobre 2013

 

 

"CAPITOLO DELLE STUOIE"

Lettura interpretativa dell'affresco all’interno del refettorio

dell’ex Convento dei Frati Minori Conventuali di Veglie

 

 

Francesco e Domenico
I due campioni della Chiesa

 

 

All’interno del refettorio dell’ex Convento dei Frati Minori Conventuali di Veglie, è possibile osservare, proprio sopra la porta di ingresso, un grande affresco dove campeggiano i due campioni della Chiesa: a destra San Francesco d’Assisi e a sinistra San Domenico di Guzmàn.

Questo affresco, mai valorizzato come invece credo meriti, è la rappresentazione plastica, grafica, pittorica di un episodio che viene descritto nei “Fioretti di San Francesco” ed esattamente nel Capitolo Diciottesimo: “Del maraviglioso Capitolo che tenne santo Francesco a Santa Maria degli Agnoli dove furono oltre a cinquemila frati.”

I Francescani due volte all'anno nel periodo della Pentecoste e nella festività di San Michele Arcangelo si riunivano alla Porziuncola per rincontrarsi e parlare delle cose dell'Ordine.  Questi incontri sono detti Capitoli.

Nell’affresco di Veglie è raffigurato il  Capitolo Generale tenutosi il 30 maggio del 1221 a Santa Maria degli Angeli nel quale possiamo vedere San Francesco che predica ai suoi fratelli; San Domenico circondato da sette confratelli; il Cardinale Ugolino in ammirazione nei confronti dei partecipanti; numerosi frati francescani riparati da semplici stuoie; sullo sfondo il profilo di diverse città e nobili e popolani che si prodigano a trasportare provviste; botti di vino, pani e formaggi in diversi punti dell’affresco.

Ma cosa significano tutte queste simbologie? Cosa ha ispirato l’anonimo  pittore?

A questa e ad altre domande si possono trovare le risposte nella cronaca del Capitolo passato alla storia come il “Capitolo delle stuoie”.

Tanto è stato scritto e detto sull’effettivo incontro tra San Francesco e San Domenico. Nell’episodio che tratteremo di seguito si afferma che San Domenico era presente al Capitolo delle stuoie.

 

Cerchiamo quindi di dare una lettura interpretativa dell’episodio raffigurato.

 

Nel 1217 la vita di San Francesco si interseca con quella del Cardinale Ugolino dei Conti di Segni, futuro Papa Gregorio IX,  cui lo stesso San Francesco profetizzerà la sua elezione a Papa.  Il Cardinale Ugolino sarà il grande protettore di San Francesco e di tutto l'Ordine Francescano.  E sarà proprio il Cardinale Ugolino il 27 Agosto 1218 a prendere possesso, in nome della Santa Chiesa, di tutti i conventi dei frati. Nel Luglio 1219 San Francesco riesce finalmente a partire per la Terra Santa. Giunge a Acri e Damietta (o Damiata) al seguito della crociata e da qui in Egitto alla corte del sultano Melek el-Kamel, per poi raggiungere la Palestina.

In quell’anno San Francesco rinuncia al governo dei frati a favore di uno dei suoi primi seguaci: Pietro Cattani. Non rinuncia però ad esserne la guida spirituale.

Ai primi di Agosto del 1220 San Francesco ritorna in Italia sbarcando a Venezia con i fidi Frate Elia, Pietro Cattani e Cesario da Spira. Le cose non andavano bene. Ad Assisi in assenza di San Francesco erano sorti dei problemi e dei disordini. Contrasti sulla pratica del digiuno, varie interferenze "politiche" sul controllo delle Clarisse, uno "scisma" in seno all'Ordine stesso (Giovanni della Cappella) e l'abbandono (sporadico) della Regola di assoluta povertà   lo avevano fatto tornare precipitosamente tra i Suoi Fratelli. San Francesco desidera riportare il giusto ordine ... nell'Ordine.

Il 30 maggio 1221 si radunò in Assisi il capitolo al quale partecipò un numero davvero rilevante di frati (dai 3000 ai 5000). In quel capitolo verrà stilata la Regola  (conosciuta come "Regola non bollata") discussa e approvata dal capitolo e respinta dalla Curia romana perché troppo lunga e di carattere scarsamente giuridico.

Dopo un processo di revisione del testo, al quale collaborò il cardinale Ugolino d'Ostia (futuro papa Gregorio IX), il 29 novembre 1223 finalmente Onorio III approva con la bolla Solet annuere  la Regola dell’Ordine dei Frati Minori (detta "Regola bollata").

Per rimanere nell’ambito della nota descrittiva, ci affideremo alla lettura del Cap. XVIII dei Fioretti e vedremo come l’Anonimo descrive quanto accaduto nella piana di Santa Maria degli Angeli nel 1221. Quindi, San Francesco, per mettere pace e regola nel suo Ordine, tiene un Capitolo Generale  “a Santa Maria degli Agnoli, al quale Capitolo si raunò oltre cinquemila frati”.

 

A quello stesso Capitolo, sempre secondo l’Anonimo, partecipò da semplice spettatore anche San Domenico di Guzmàn,  “capo e fondamento dell'Ordine de' frati Predicatori, il quale allora andava di Borgogna a Roma, e udendo la congregazione del Capitolo che santo Francesco facea in nel piano di Santa Maria degli Agnoli, si lo andò a vedere con sette frati dell'Ordine suo.”

 

E San Domenico e i suoi sette confratelli li ritroviamo, nel tipico abito domenicano, nella parte bassa e a sinistra.

 

 

Altra presenza importantissima nella vita di San Francesco è quella del Cardinale Ugolino, cui San Francesco aveva profetizzato la sua elezione a Papa.  Nei “Fioretti” così si legge:

“Fu ancora al detto Capitolo uno Cardinale devotissimo di santo Francesco, al quale egli avea profetato ch'egli dovea essere Papa, e così fu, il quale Cardinale era venuto istudiosamente da Perugia, dov'era la corte ad Ascesi; e ogni dì veniva a vedere santo Francesco e' suoi frati, e alcuna volta cantava la messa, alcuna volta faceva il sermone a' frati in Capitolo; e prendea il detto Cardinale grandissimo diletto e divozione, quando venia a visitare quel santo collegio.”

 

 

La grande ammirazione del Cardinale Ugolino nei confronti dei partecipanti al Capitolo, così viene descritta e raffigurata:

 

“E veggendo sedere in quella pianura intorno a Santa Maria i frati a schiera a schiera, qui quaranta, ove cento, dove ottanta insieme, tutti occupati nel ragionare di Dio, in orazioni, in lagrime, in esercizi di carità, e stavano con tanto silenzio e con tanta modestia, che ivi non si sentia uno romore, nessuno stropiccìo e maravigliandosi di tanta moltitudine in uno così ordinata, con lagrime e con grande devozione diceva: “Veramente questo si è il campo e lo esercito de' cavalieri di Dio!”. Non si udiva in tanta moltitudine niuno parlare favole o bugie, ma dovunque si raunava ischiera di frati, quelli oravano, o eglino diceano ufficio, o piagneano i peccati loro o dei loro benefattori, o ragionavano della salute delle anime.”

 

I frati, provenienti dalle varie provincie, a dare senso a quelle piccole comunità che andavano costituendo il corpus dell’ordine francescano, si riunirono in preghiera e atti di devozione:

 

“Erano in quel campo tetti di graticci e di stuoie, e distinti per torme, secondo i frati di diverse Provincie; e però si chiamava quel Capitolo, il Capitolo di graticci ovvero di stuoie. I letti loro si era la piana terra e chi avea un poco di paglia; i capezzali si erano o pietre o legni. Per la qual ragione si era tanta divozione di loro, a chiunque li udiva o vedeva, e tanto la fama della loro santità, che della corte del Papa, ch'era allora a Perugia, e delle altre terre della Valle di Spulito veniano a vedere molti conti, baroni e cavalieri ed altri gentili uomini e molti popolani e cardinali e vescovi e abati e con molti altri cherici, per vedere quella così santa e grande congregazione e umile, la quale il mondo non ebbe mai, di tanti santi uomini insieme; e principalmente venìano a vedere il capo e padre santissimo di quella santa gente, il quale avea rubato al mondo così bella preda e raunato così bello e divoto gregge a seguitare l'orme del vero pastore Gesù Cristo.”

 

 

La predicazione di San Francesco che tanto meravigliò San Domenico di Guzmàn:

 

“Essendo dunque raunato tutto il Capitolo generale, il santo padre di tutti e generale ministro santo Francesco in fervore di spirito propone la parola di Dio, e predica loro in alta voce quello che lo Spirito Santo gli facea parlare; e per tema del sermone propuose queste parole: “Figliuoli miei, gran cose abbiamo promesse a Dio, troppo maggiori sono da Dio promesse a noi se osserviamo quelle che noi abbiamo promesse a lui; e aspettiamo di certo quelle che sono promesse a noi. Brieve è il diletto del mondo, ma la pena che seguita ad esso è perpetua. Piccola è la pena di questa vita, ma la gloria dell'altra vita è infinita”.

 

E continuava predicando pazienza, temperanza, castità, pace e povertà:

 

“E sopra queste parole predicando divotissimamente, confortava e induceva tutti i frati a obbidienza e a riverenza della santa madre Chiesa e alla canta fraternale, e ad orare per tutto il popolo Iddio, ad avere pazienza nelle avversità del mondo e temperanza nelle prosperità, e tenere mondizia e castità angelica, e ad avere concordia e pace con Dio e con gli uomini e con la propria coscienza, e amore e osservanza della santissima povertà. E quivi disse egli: “lo comando, per merito della santa obbedienza, che tutti voi che siete congregati che nessuno di voi abbia cura né sollecitudine di veruna cosa di mangiare o di bere o di cose necessarie al corpo, ma solamente intendere a orare e laudare Iddio; e tutta la sollecitudine del corpo vostro lasciate a lui, imperò ch'egli ha spezialmente cura di voi”. E tutti quanti ricevettono questo comandamento con allegro cuore e lieta faccia. E compiuto il sermone di santo Francesco, tutti si gettarono in orazione.”

 

Perché preoccuparsi delle cose della terra, dei propri bisogni materiali invece di pregare e lodare Dio? Non pensate al mangiare, al bere, ai bisogni corporali! A questo provvederà il Signore, così come promesso! Questo il comandamento che San Francesco consegnava a tutti coloro che avevano abbracciato la congregazione francescana. Ma mentre i frati accolsero questo comandamento con “allegro cuore e lieta faccia”, grande fu lo stupore di San Domenico, grande la sua ammirazione per tanta Fede.

 

“Di che santo Domenico, il quale era presente a tutte queste cose, fortemente si maravigliò del comandamento di santo Francesco e riputavalo indiscreto, non potendo pensare come tanta moltitudine si potesse reggere, sanza avere nessuna cura e sollocitudine e cose necessarie al corpo.”

 

 

Come non fare riferimento al Vangelo, quando Matteo (14,13-21)  ci racconta della moltiplicazione dei pani? Anche lì, Gesù rassicura lo stupore dei Discepoli, che è lo stupore di San Domenico, e provvede lui stesso al sostentamento degli oltre cinquemila convenuti. E tutti mangiarono e furono saziati; poi i discepoli raccolsero i pezzi avanzati in dodici ceste piene. Ora, coloro che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.”

 

E Gesù stesso, seppur indirettamente, ispirando di carità cristiana le popolazioni circostanti, provvede al sostentamento di quella assemblea.

 

 

“Ma 'l principale pastore Cristo benedetto, volendo mostrare com'egli ha cura delle sue pecore e singulare amore a' poveri suoi, immantanente ispirò alle genti di Perugia, di Spulito e di Foligno, di Spello e d'Ascesi e delle altre terre intorno, che portassono da mangiare e da bere a quella santa congregazione. Ed eccoti subitamente venire delle predette terre uomini con somieri, cavalli, carri, carichi di pane e di vino, di fave, di cacio e d'altre buone cose da mangiare, secondo ch'a' poveri di Cristo era di bisogno. Oltre a questo, recavano tovaglie, orciuli, ciotole, bicchieri e altri vasi che faceano mestieri a tanta moltitudine. E beato si riputava chi più cose potesse portare, o più sollecitamente servire, in tanto ch'eziandio i cavalieri e li baroni e altri gentili uomini che veniano a vedere, con grande umiltà e divozione servirono loro innanzi. Per la qual cosa santo Domenico, vedendo queste cose e conoscendo veramente che la provvidenza divina si adoperava in loro, umilmente si riconobbe ch'avea falsamente giudicato santo Francesco di comandamento indiscreto, e inginocchiossi andandogli innanzi e umilmente ne disse sua colpa e aggiunse: “Veramente Iddio ha cura speziale di questi santi poverelli, e io non lo sapea, e io da ora innanzi prometto d'osservare la evangelica povertà e santa; e maladico dalla parte di Dio tutti li frati dell'Ordine mio, li quali nel detto Ordine presumeranno d'avere proprio”. Sicché santo Domenico fu molto edificato della fede del santissimo Francesco, e della obbidienza e della povertà di così grande e ordinato collegio, e della provvidenza divina e della copiosa abbondanza d'ogni bene.”

 

 

Presente, in basso a destra, nell’affresco il riferimento alla pratica della penitenza attraverso uno strumento di penitenza in ferro da tenere sul petto e per questo detto cuoretto, o il cilicio come strumento di pura mortificazione della carne. Così si conclude il XVIII Capitolo dei Fioretti di San Francesco:

 

“In quello medesimo Capitolo fu detto a santo Francesco che molti frati portavano il cuoretto in sulle carni e cerchi di ferro, per la qual cosa molti ne infermavano, onde ne morivano, e molti n'erano impediti dallo orare. Di che santo Francesco, come discretissimo padre, comandò per la santa obbidienza, che chiunque avesse o cuoretto o cerchio di ferro, si se lo traesse e ponesselo dinanzi a lui. E così fecero. E furono annoverati bene cinquecento cuoretti di ferro e troppo più cerchi tra da braccia e da ventri, in tanto che feciono un grande monticello e santo Francesco tutti li

fece lasciare ivi. Poi compiuto lo Capitolo, santo Francesco confortandoli tutti in bene e ammaestrandoli come dovessino iscampare e sanza peccato di questo mondo malvagio, con la benedizione di Dio e la sua li rimandò alle loro provincie, tutti consolati di letizia spirituale.

A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.”

 

Tutte le considerazioni stilistiche, colorimetriche, antropomorfiche, decorative, riguardanti questo affresco non mi appartengono. Interpretare le parti mancanti non mi interessa, non è compito mio, non è funzionale al mio sentire di fronte a questo messaggio. Conservo gelosamente l’interpretazione di quanto esce dalla bocca di San Francesco. Quella scritta la sento mia, e  la voglio tenere per me. Ogni volta che posso soffermarmi a guardare ed ammirare questa opera d’arte, comunque la si voglia interpretare, vengo coinvolto in sensazioni, emozioni e sentimenti che vanno al di là della semplice tecnica utilizzata. Mi piace vivere ed immedesimarmi nella contemporaneità di un pensiero, che si trasforma da  semplice lettura in immagine, in messaggio, in educazione alla fede e alla devozione.

Gli studiosi affermano che al Capitolo delle Stuoie del 1221 partecipò anche un giovanissimo Sant’Antonio da Padova. Io non l’ho riconosciuto in questo affresco. A quell’epoca non si portavano i cartellini al petto come nei moderni congressi, ma mi piace pensare che chissà quanti altri Santi, nella vita di tutti i giorni, non riesco a “vedere” eppure mi sono vicini, mi sorreggono e mi confortano.

Per me questo affresco rappresenta: tecnicamente il “Capitolo delle Stuoie del 1221”, spiritualmente è l’insegnamento di fede di due grandi santi, di due Campioni della Chiesa Universale. La struttura espressiva è semplice e immediata, i contenuti iconografici facilmente leggibili, poiché tutti reali. Il pane, il formaggio, le botti di vino. I nobili in abito elegante e i poveri in abito umile, tutto concorre a scrivere e descrivere un messaggio di condivisione fraterna, di povertà, di libertà dalla cupidigia, di esercizio concreto della povertà evangelica. La fonte di ispirazione è certa. E quale posto migliore per lanciare questo messaggio ad una comunità francescana? Il refettorio, il luogo dove si consuma il pasto giornaliero, nella riscoperta di una ricchezza che deriva e affonda le sue radici nella semplicità. Non sfarzi, non affanni a ricercare le cose di questo mondo, non rendere prioritario il cibo, il possesso, l’avere, ma l’appartenere a Dio, saziarsi della sua parola.   Lo spazio di una affresco si umanizza e ci consegna uno stato d’animo.

Chi è il pittore di questo affresco? Quando è stato affrescato? È stato fatto su richiesta di un Padre Superiore illuminato o per sensibilità tutta dell’artista? Quanto ci ha impiegato? Quali colori ha utilizzato? Ha ricevuto un compenso? La committenza forse era laica? E potremmo continuare all’infinito… ma non abbiamo tutto questo tempo.

 

Grazie della lettura.

 

Sarà mia premura chiedere all’amministrazione comunale il permesso di realizzare ed installare un totem  esplicativo, che riporterà il testo integrale del “Capitolo Diciottesimo” dei “Fioretti di San Francesco” in modo da poter agevolare l’interpretazione dell’affresco ai visitatori di questo piccolo gioiello vegliese.

 

Cosimo Fai

Divulgatore di Storia Patria

 

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