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Di seguito sono riportati frammenti storici sul culto di San Giovanni Battista a Veglie. La redazione di Veglie News ringrazia Luigi Mazzotta per aver messo a disposizione le sue ricerche storiografiche. |
FRAMMENTI
STORICI SUL CULTO DI
SAN GIOVANNI BATTISTA
Potrebbe
essere stata questa particolare virtù di coraggioso paladino degli
umili contro l’arroganza e la prepotenza dei potenti ad indurre gli
avi, nostri concittadini, ad assurgere San Giovanni Battista a
Protettore di Veglie, considerato peraltro che i vegliesi, impotenti
dinanzi agli abusi vessatori per lunghi secoli perpetrati dai vari
feudatari, incuranti dei diritti
civili e sociali, anelavano tanto a riscattarsi dall’oppressore che
vollero piantare, tra il sei-settecento, un albero di gelso nell’attuale Piazza
Umberto
I°, (2)
come simbolo della Libertà, diritto inalienabile dell’uomo .(3) La stessa Chiesa istituzionale vegliese, in più occasioni, prese a difendere i poveri cittadini dalla cupidigia dei potenti, come l’ardimentosa testimonianza del Sacerdote don Monte Verrienti, il quale, il 4 settembre 1638, insieme al Sindaco di Veglie, il capitano (4) Giovanni Battista Frezza, ed il Magnifico Ortenzio Elia, dinanzi al giudice Santo de Andrea di Lecce, adendo alla Regia Camera della Sommaria di Napoli, protestò coraggiosamente contro la vendita ingiusta e forzata del sale a carico dell’Università di Veglie, frutto di una vera e propria annosa “tangentopoli” tra un ignoto notabile vegliese e Giulio de Carolo, luogotenente del Magnifico Giovanni Vincenzo Lanza, Regio Arrendatario delle saline della Provincia d’Otranto e Basilicata. (5) In
tutta Europa, dalla Scandinavia alla Grecia, il Battista conserva ancora
i caratteri di una divinità agricola. (6)
Al culto di San Giovanni sono legati alcuni antichi riti di origine
rurale ed agraria, come l’inaugurazione religiosa della mietitura e la
purificazione attraverso l’acqua per far crescere abbondanti messi e
allontanare malanni e impurità. A Veglie, paese prettamente agricolo e
rurale “ab origine”, sono ben note, a memoria d’uomo, le
intercessioni e le processioni in onore del Santo in tempi di siccità,
carestia e calamità naturali. Sotto
l’aspetto prettamente storico-ecclesiastico e civile di Veglie, le fonti d’archivio ci permettono di evidenziare alcune pagine
dei secoli passati intorno al culto del nostro Santo. La
Chiesa Matrice, fin dalla sua fondazione, avvenuta tra i sec. XV-XVI,
(7)
è sotto il titolo di San Giovanni Battista (8).
Lungo i secoli seguenti il sacro edificio fu alquanto rimaneggiato.
Nella primitiva struttura architettonica , lungo le pareti della navata,
vi erano delle ampie nicche, con arco a tutto sesto, affrescate con
figure di Santi, corrispondenti a benefici ecclesiastici con i loro
relativi altari. Nella prima metà del settecento furono chiuse. Durante
i restauri del 1968 ne sono venute alla luce tre di esse, le figure di
Sant’Antonio di Padova e Sant’Antonio Abate nonché l’ubicazione
dell’antico Battistero che si può osservare a destra del retrospetto
della facciata. L’altare dedicato al Santo, nella originaria
struttura, si trovava in corrispondenza dell’attuale cappellone in cui
riposano i resti mortali dell’Arciprete Mele; era collocato cioè
vicino al Battistero in senso perpendicolare. (9)
Dal
sec. XVI ai primi decenni del ‘700, San Giovanni Battista, dal punto
di vista canonico, è considerato soltanto titolare della Chiesa Matrice
Parrocchiale; le fonti di questo periodo non evidenziano mai che Egli
sia il Protettore o il Patrono. Possiamo comunque dedurre che il 1730, o
qualche anno prima, sia l’anno in cui San Giovanni Battista fu
proclamato tale. Infatti, con Decreto della Congregazione Romana dei
Sacri Riti del 21 gennaio 1730, viene confermata l’elezione di San
Filippo Neri e Sant’Irene Vergine e Martire “in Protectores minus
Principales” della Terra di Veglie. (10)
Se furono nominati i meno principali, sicuramente sarà stato nominato
il principale in quello stesso periodo. A
sostegno di tale assunto, il 26 gennaio 1730, il Vescovo Enrico Lasso De
la Vega, da Roma, concede una reliquia del Precursore su iniziativa del
Sacerdote vegliese don Cosmo Marcuccio, il quale dona al “Reverendo
Capitolo di detta Terra l’infrascritta reliquia del Glorioso San
Giovanni Battista, Titolare di detta Chiesa e Protettore di detta
Terra” di Veglie. (11)
Tale reliquia fu incastonata in un reliquario-ostensorio di argento
posto, tutt’ora, alla venerazione dei fedeli. Dopo
il 20 febbraio 1743, giorno
in cui un tremendo terremoto provocò alcune vittime ma soprattutto
molti danni agli edifici in tutto il Salento (12),
la Chiesa Matrice vegliese, subendo anch’essa gravi lesioni alle
strutture murarie, fu sottoposta ad un radicale cambiamento
architettonico, tra cui la chiusura delle antiche nicche già citate e
la costruzione di tre cappelloni per ogni lato della navata, fungenti,
probabilmente da contrafforti alle pareti portanti laterali. Dai
Registri Parrocchiali dei morti di quel giorno nefasto, non risulta che
a Veglie vi siano stati dei morti; allora, perchè non pensare che il
popolo di Veglie, così come era avvenuto negli altri paesi salentini
intercedenti altri santi, avesse ringraziato San Giovanni Battista per
lo scampato pericolo? In
quella occasione di ricostruzione , nel rifare l’altare maggiore, che
fino a quel momento era di legno (13),
fu collocata una bella statua in pietra del Precursore al centro dello
stesso altare onde poter venerare con maggior decoro il ”titolare
della detta Chiesa e Principal Padrone della detta Terra” di Veglie.
(14)
Questa statua, alta circa due metri, sarà collocata nel
1865 sulla sommità della facciata della Chiesa Santa Maria delle Grazie
in Piazza Umberto I°, dove tutt’ora si può ammirare.
(15)
Il 28 ottobre 1866, la giunta comunale decise di spendere
£ 25.50 affinchè tale statua venisse” ritoccata con nuova tinta a
color marmo, e ciò per non perdersi una statua antica”
(16)
La statua di San Giovanni Battista, o
meglio di san Giovannino, che tutt’ora si venera, era presente già
nel 1747 (17).
“Si conserva dentro stipo di tavola una statuetta portatile di
legno di san Giovanni Battista Protettore con il suo piedistallo dorato
e Croce in mano di essa statua d’argento con su Agnus Dei”
(18)
Questa incantevole statua in legno, in stile barocco di
scuola napoletana , ha le
sembianze di un putto nudo con un agnello ai piedi; il corpo è
rivestito con un vello riccamente adornato con perle e fili d’oro. Nel
1990 è stata sottoposta ad un accurato restauro sotto il controllo
della Soprintendenza alle Belle Arti. E’ stato appurato che il legno
è cedro del Libano. In
un inventario dell’ 1 giugno 1763, redatto dal notaio Giacinto Favale
di Veglie, così è descritto: “la statua portatile di San Giovanni
con la veste di velluto ricamata in argento, con la Croce e lamina con
iscrizione”Ecce Agnus dei” d’argento; corona a filo
d’argento…un reliquario a filigrana con catinella d’argento, due
anelle grosse d’oro con pietre due una rossa e l’altra verde, due
maniglie di passanti d’oro in numero quarantuno”
(19) Nel
corso degli anni gli “ex vota” , aumentarono tanto che
l’Arciprete, il Canonico Don Pasquale Verrienti, nel 1887, li vendette
per le necessità materiali della Chiesa. Per questa ragione il
Consiglio Comunale, il 26 aprile di quell’anno, chiese al citato
parroco “il conto della vendita degli ori del patrono San Giovanni,
se e per quale somma gli ori stessi vennero alienati, ed a quale uso si
destinarono le somme ricavate. Statuiva inoltre di dargli un voto di
biasimo per l’autocratico procedimento tenuto dall’Arciprete.”
Il sottoprefetto di Brindisi dichiarò che il Consiglio Comunale non era
competente a riguardo. Gli ori furono venduti perché”l’amministrazione
parrocchiale trovavasi in gravi spese per il restauro della Chiesa”,
l’Arciprete aveva comunque chiesto l’autorizzazione allo stesso
Sottoprefetto per la vendita. (20) L’Università
di Veglie ovvero l’amministrazione comunale aveva lo ius patronatus,
cioè il diritto di proprietà dell’edificio della Chiesa Madre, con
l’onere alle riparazioni, ai restauri, alle suppellettili come i
banchi, i confessionali, le campane, l’olio alla lampada del
Protettore e perfino era a suo carico l’onorario all’organista e al
tiramantici dell’organo a canne.Il 24 maggio 1865, dopo aver
effettuato una perizia, il Sindaco Luciano Colelli, per “lo stato
infelice in cui si trova questa Chiesa Matrice, la quale merita
assolutamente di essere prontamente ristaurata” erano necessari
almeno ducati 1000. L’erario comunale poichè non era in grado di
sopportarne la spesa, si decise che
le feste di San Giovanni Battista, l’Iconella, San Vito e SS.
Sacramento fossero sospese per un solo anno; i ricavati delle feste
fossero devoluti ai restauri. Le feste però furono effettuate
ugualmente “con qualche scemazione sul lusso degli anni
precedenti”. Per questo fu istituita una commissione fatta di
notabili locali, ecclesiastici e laici: don Luigi Negro, don Santo
Frassanito, don Cosimo Verrienti, don Tommaso Massa, don Salvatore
Zecca, don Domenico Plantera, don Donato Negro, don Teodoro Verrienti.
(21) Tra
l’iconocrafia giovannea vegliese, oltre alle statue suindicate,
ricordiamo l’affresco del Santo situato nella cripta della Favana
risalente alla prima metà del sec. XV, attestante l’immagine più
antica del Protettore. In Chiesa Madre, una serie di dipinti su tela
traccia tutta la vita del Battista; dalla Visitazione di Maria SS. a
Santa Elisabetta, madre di San Giovanni, alla sua Natività, opere
pittoriche ottocentesche attribuibili al Colletta o a Vincenzo
Montefusco da Salice. Inoltre due tele ovali del seicento, già
collocate nel Coro, raffigurano il Battesimo di Gesù nel Giordano e la
Decollazione di San Giovanni. Interessante è l’opera settecentesca in
cartapesta raffigurante la testa decapitata del Santo, collocata in una
teca in vetro e legno dorato in oro zecchino. Giugno 2002 Luigi Mazzotta NOTE: (1)Tratto da: Orazione IX in lode di San Giovanni Battista in Orazioni sacre composte e recitate in varie occasioni dal Padre Serafino da Vicenza Cappuccino, tomo primo, Venezia 1740, pag. 79 (Torna al testo)
L’Università
di Veglie (Amministrazione Comunale) possedeva tra i suoi beni
“un albero di
celso in mezzo al Rivellino…”
Il
Rivellino era un avamposto, rispetto alle mura della città, per difendere
la “Terra”,
ossia l’abitato circondato da mura (intra
moenia), rispetto
al ”Borgo”,
abitato fuori le mura (extra
moenia). A
conferma che il ”rivellino” è l’attuale Piazza Uberto I°, si nota
l’ubicazione della “Cappella
sotto il titolo della Beata Vergine delle Grazie al Rivellino”
(Archivio di Stato di Lecce, Catasto
Onciario di Veglie del 1749, foglio
244) ed
inoltre, un antico detto locale, per evidenziare che un fatto od un
oggetto è molto antico, si dice: “
si ricorda lu geusu ti mienzu la chiazza”.
In
quell’anno, 1741, era Sindaco Nicola Greco, appartenente al ceto dei
nobili. La conferma o meno dell’elezione del Sindaco dell’Università
della “Terra
Veliarum” doveva
essere gradita al feudatario (Archivio
di Stato di Napoli, Catasto Onciario dell’Università di Veglie 1742,
fascio 8300, foglio 359) Molti erano gli abusi feudali: l’autore del Ragguaglio
circa il genio del Baronaggio del 1737, scriveva: “Mi vien
riferito pratticare in alcuni luoghi del Regno, due dei quali a me noti,
cioè nella terra di Valenzano nella provincia di Bari e nella terra di
Veglie nella provincia di Lecce, si esige la gravezza da quei baroni
chiamata la cunnatica, forse con concessione nei tempi barbari impetrata.
Che il vassallo coniugato debba ogni sabato contribuire al barone un
determinato pagamento per essersi giaciuto in letto colla propria moglie
in quella settimana; il qual pagamento attrassandosi d’un sabato
nell’altro, se ne deve soddisfare in multa maggiore somma”
(tratto da G. Spagnoletti “La cultura della miseria” in
A. Bello, “ Amare Contee – un viaggio in Puglia” Rimini 1985,
pag. 112) (Torna
al testo)
(3)
Durante la
rivoluzione napoletana del 1799, in molte piazze del Regno fu piantato un
albero di gelso in segno di Libertà e sfida contro i soprusi dei potenti. (4) Il Capitano era il rappresentante del feudatario con poteri di giustizia civile e criminale. Nel ‘700, il titolo di capitano si evolse in quello di Governatore. (Torna al testo)
(6)
G. B.
Bronzini, Giovanni il Battista, Santo, in Grande Dizionario
Enciclopedico, vol. IX, pag. 121, Torino 1969 (7)
Sulla
problematica intorno all’origine della Chiesa Matrice di Veglie si
rinvia ad altra occasione di ricerca, dove si evidenzierà , con
metodologia scientifica, che la supposta
o, meglio, la certezza che la sua fondazione risalirebbe al periodo
normanno del sec. XI-XII è
del tutto infondata.
(8)
Biblioteca
Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi, Fondo Curia,
Atti Santa Visita Arcivescovo Giovanni Carlo Bovio del 1565,
f, 327. La Chiesa Matrice Parrocchiale “…ibi unica existit sub
invocatione Sancti Joannis Baptistae,…” (9)
Per tale
esposizione vedi i verbali delle Sante Visite del sec. XVII in Biblioteca
Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi
(10)
Archivio
Chiesa Matrice di Veglie, Cartella Miscellanea, foglio sparso. (11)
Idem, Cartella delle
Autentiche Reliquie (12)
E. De
Simone, Vicende sismiche salentine, Lecce 1993,
pag. 73 e ss. (13)
Bibl. Arc. “A. De
Leo”, Fondo Curia, Santa Visita tomo III, foglio 822 v. (14)
Archivio Chiesa
Matrice, Cartella XI, Santa Visita Arcivescovo De Ciocchis – 1752
(15)
Si è del parere che
tale statua in pietra leccese, di pregevole fattura scultorea, fosse
rimossa e riportata nella sua originaria collocazione… portandone una
copia , in gesso o vetroresina, sulla
Chiesa della Piazza
(16)
Archivio di Stato di
Lecce, Scritture Università – decisioni decurionali Veglie, foglio 263
(17)
Bibl. Arc. “De
Leo”, Fondo Curia, Santa Visita tomo XI, f.243v. (18) vedi nota 14 (Torna al testo) (19)
vedi nota 14 (20)
Archivio Curia
Arcivescovile Brindisi – cartella XIII – foglio senza numero (21)
vedi nota 15 –
foglio 236 |